Le parole sono
mattoncini preziosi: più ne conosciamo, più siamo in grado di dare voce a ciò
che proviamo e di cogliere i colori del mondo che ci circonda. Ogni parola è
uno strumento che può raccontare una storia, accendere l’immaginazione, dare
forma a un sentimento. Soprattutto, può spingerci a riflettere in modo più
profondo e consapevole.
Iniziamo un
nuovo viaggio: un percorso di riflessione e scoperta, dedicato a tutti coloro
che – per noia, per abitudine, per paura di sbagliare – preferiscono rimanere
fermi, scegliendo di non scegliere.
Spesso,
facciamo le stesse cose di sempre perché ci sembrano più comode, più sicure. Ci
limitiamo a percorrere le stesse strade, a ripetere le stesse abitudini, senza
chiederci se potremmo fare qualcosa di diverso o di più appassionante. Così, ci
lasciamo andare a una sorta di pigrizia dell’anima che rischia di privarci di
sfide, incontri e scoperte straordinarie.
Cominciando questo
nostro, nuovo, viaggio fra il “peso” delle parole esplorando la parola “Ignavo”.
Significato ed
etimologia
i-gnà-vo
Etimologia:
voce dotta, recuperata dal latino ignavus, derivato di (g)navus “diligente,
operoso, attivo” con prefisso negativo in-.
Da un lato,
dunque, l’“attivo” e “operoso”, dall’altro il suo opposto, colui che non prende
iniziativa, non si assume responsabilità: l’“ignavo”. Ecco perché, nel solco
della storia della lingua, questa parola porta in sé il senso di una mancanza
radicale. È (nel peggiore dei casi) la pigrizia dell’anima unita a una viltà
che frena qualsiasi slancio morale.
L’“ignavo”
dantesco
Quando si parla
di “ignavi”, è inevitabile tornare al III canto dell’Inferno di Dante, lì dove
troviamo il celebre “branco” condannato a correre senza sosta nel vestibolo
dell’inferno. Non sono degni né del cielo né degli inferi, perché non si sono
mai esposti né al bene né al male:
“Non ragioniam
di lor, ma guarda e passa.”
Dante non li
definisce esplicitamente “ignavi”, ma i commentatori sì, perché rispecchiano il
prototipo di chi non ha saputo scegliere, di chi è rimasto incastrato in
un’inazione tanto pigra quanto pavida.
Pigri o vili?
La sottile linea morale
“Di qua c’è il
pigro, di là c’è il vile”: l’ignavo è proprio al centro di questo crinale:
inerte, debole di fronte a qualsiasi decisione.
Non è
semplicemente “indolente”, perché anche chi è pigro ogni tanto sa ribellarsi
all’inerzia.
Non è solo
“codardo”, perché anche chi è vile, talvolta, riesce a escogitare azioni
(purtroppo malvagie) con astuta solerzia.
L’ignavo unisce
entrambe queste sfumature negative. La sua è una forza morale che non scatta
mai, si tiene defilata: preferisce non fare o non dire, annegando ogni
responsabilità nella palude della pigrizia e della paura.
Uno sguardo
nella quotidianità
Se ci guardiamo
intorno, scopriremo che l’ignavia può manifestarsi in tanti momenti:
-
La persona che non interviene quando sarebbe
necessario aiutare qualcuno, limitandosi a girarsi dall’altra parte.
-
Chi non prende posizione in situazioni di
ingiustizia, rimanendo nell’indifferenza per timore di esporsi.
-
Chi scivola attraverso gli eventi, senza
lasciare traccia né assumersi la fatica di prendere una parte, per quanto
imperfetta o rischiosa possa essere.
È un
atteggiamento che può sembrare innocuo, ma che in realtà lascia un vuoto,
perché la mancanza di una scelta morale equivale spesso a favorire,
indirettamente, il male o la sofferenza altrui.
Consigli di
lettura, film e musica
Per chi vuole
esplorare l’ignavia (o l’indifferenza, la pigrizia e la viltà ad essa
collegate) in altre forme d’arte, ecco qualche spunto:
-
“Bianca come il latte, rossa come il sangue”
(Alessandro D’Avenia)
Una storia
italiana di adolescenza e scelte, in cui il giovane protagonista deve superare
la pigrizia emotiva e la paura di soffrire per andare incontro alla vita con
coraggio.
-
“Wonder” (R. J. Palacio)
Romanzo per
ragazzi che illustra quanto siano importanti le scelte di chi abbiamo intorno
(compagni di classe, insegnanti, amici) per superare discriminazioni o giudizi.
Qui l’ignavia dei compagni può fare la differenza tra integrazione e isolamento
di chi è percepito come “diverso”.
-
Last but not least: Dante Alighieri, Inferno
(Canto III): la più celebre “rappresentazione” degli ignavi.
Film
-
“Il ragazzo dai pantaloni rosa”
È il nostro punto di partenza: un film che affronta il
tema della diversità e della scelta di essere sé stessi ed allo stesso tempo ci
fa pensare a tutti quelli che avrebbero potut fare qualcosa per aiutare il
protagonista, e non l’hanno fatto.
-
“Scialla! (Stai sereno)” (di Francesco Bruni,
2011)
Pellicola
italiana che racconta il rapporto tra un professore e un ragazzo svogliato,
restio ad assumersi responsabilità. Mostra come l’incontro con l’altro possa
farci uscire dalla pigrizia mentale.
-
“Noi
siamo infinito” (The Perks of Being a Wallflower, di Stephen Chbosky, 2012)
Un inno alla
crescita personale di un adolescente introverso, che passa dall’osservare la
vita dal di fuori al parteciparvi attivamente. Perfetto per capire come il
coraggio di “agire” possa cambiare le cose. Se siete molto interessati, leggete
il libro da cui è tratto
-
“The
Breakfast Club” (di John Hughes, 1985)
Un grande
classico per ragazzi, in cui cinque adolescenti diversi si ritrovano in
punizione a scuola. Ognuno di loro, inizialmente passivo o indifferente verso
gli altri, impara a confrontarsi, prendendo (finalmente) posizione su chi è e
cosa vuole.
-
“Sing
Street” (di John Carney, 2016)
Ambientato
negli anni ’80 a Dublino, racconta di un ragazzo che si sente “invisibile” e
decide di fondare una band. Sperimenta che solo agendo e rischiando, anche
sbagliando, si può davvero uscire dalla propria comfort zone.
-
“American Beauty” (Sam Mendes): non parla
direttamente di “ignavi”, ma ritrae il disagio di chi, prima di un risveglio
interiore, rimane passivamente incastrato in una vita “Esteticamente” bella, ma
vuota.
Musica
-
“C’è chi dice no” di Vasco Rossi: un brano che
inneggia a prendere posizione, a non essere ignavi davanti alle ingiustizie o
alla noia del quotidiano.
-
“The Sound of Silence” di Simon & Garfunkel:
un richiamo poetico e malinconico alla responsabilità di non rimanere in
silenzio, a non essere spettatori passivi.
Che si tratti
di un passo o di un passo falso, tentare è sempre più ricco di opportunità che
restare immobili.
La sfida che vi
propongo è questa: uscite dal guscio e affrontate la realtà, le responsabilità,
i sogni e perfino i fallimenti. Ciò che conta è non rimanere ingabbiati
nell’inerzia e nell’abitudine, perché a volte il vero pericolo sta proprio nel
non fare nulla.
Il prossimo
capitolo del nostro viaggio ci aspetta già fuori da questa classe (o forse
anche dentro, che ne dite?).
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